“Lo sai che alle 10 di martedì prossimo, dopo quasi 50 anni dall’ultima volta, Mario Mutti, il grande attaccante dell’Ac Bolzano, tornerà allo stadio Druso per incontrare i vecchi compagni di squadra ed i tifosi di allora?”.
Gli occhi del nostro interlocutore si illuminano.
Come quando, da bambino, prima di accomodarsi in tribuna accanto al padre Luciano, fu solito esporre una bandiera biancorossa sugli spalti. Sulla quale scrisse col pennarello “Palma gol gol!”. Inneggiando a Gianni, centravanti del leggendario club del capoluogo, quello della stagione ‘78-‘79.
Gian Luca Palmarsan, cognome di etnìa balcanica – sul quale l’accento è sdrucciolo – si fa cogliere impreparato da questa semplice domanda. Eccezione più unica che rara.
Perché riuscire a sorprendere questo apprezzato dirigente calcistico, con una qualsiasi informazione sul mondo del calcio, è un’impresa al limite dell’impossibile.
Sarebbe come sfidare Massimo Inardi al celeberrimo Rischiatutto di Mike Bongiorno, il quiz televisivo grazie al quale l’imbattibile medico e parapsicologo di Bologna divenne una vera e propria star della televisione.
Gian Luca, – “rigorosamente staccato, ci tengo molto” -, attualmente occupa il ruolo di team manager della prima squadra al Bozner FC. Ed è alla Volksbank Arena dall’agosto del 2022.
“Società – ci tiene a precisare – che mi ha accolto benissimo. Dove mi sento parte di una famiglia”.
Ma, sabato 7 dicembre, Palmarsan ha messo su famiglia realmente. Perché, con rito civile, ha sposato la sua compagna Marika, al municipio di Zambana. Il coronamento di un amore sbocciato meno di due anni fa. Ma che ha bruciato velocemente le sue tappe.
“Il calcio, ed una certa precocità – inizia a raccontare – sono sempre state delle costanti nella mia vita. Esempio lampante: sono nato il 20 maggio del 1967. Il giorno dopo, mio padre Luciano, grande appassionato, non rinunciò ad assistere al derby fra Trento ed Ac Bolzano, in programma allo Stadio Briamasco. Quella sfida venne decisa da un rigore di Paolo Scolati a sette dal termine. In quella circostanza, mister Torresani venne portato letteralmente in trionfo”.
L’intervista decolla lentamente. Anche perché, quando Gian Luca Palmarsan apre le chiuse ai suoi ricordi, il fiume di aneddoti si intreccia immancabilmente.
“Nell’ottobre del ‘72, a soli 5 anni – ci rivela – ascoltai la mia prima radiocronaca: Ternana-Bologna 2-0. Il 26 maggio 1974, invece, per la prima volta mio padre mi portò con sè a vedere la squadra biancorossa. Come regalo per il mio settimo compleanno. Il match: Ac Bolzano – Savona. Quando i liguri andarono in vantaggio nel primo tempo, scoppiai a piangere. Nella ripresa Giorgio Girol, il centravanti che fu tra i giocatori più contestati dall’esigente pubblico bolzanino, pareggiò con un gran colpo di testa. Finì 1-1. Quel giorno, per me, iniziò una festa. Che non si è mai sopita”.
Papà Luciano, una vita di lavoro come funzionario della Cassa di Risparmio di Bolzano, fu uno dei più noti dirigenti del mondo del calcio locale.
Una brillante carriera iniziata nel 1988 grazie ad un’intuizione di Hermann Pardatscher, compianto ex presidente dell’Ac Bolzano, che lo ingaggiò per far quadrare i conti societari.
Nei primi anni Novanta, Palmarsan senior si avvicinò alla gestione sportiva. Accettando l’offerta della vicepresidenza propostagli di Pardatscher. Carica mantenuta fino al termine della stagione ‘92-‘93.
“In quegli anni, trascorsi ad imparare a destreggiarsi nel mondo del calcio – ricorda Gian Luca – mio padre acquisì in dosi massicce sia la struttura caratteriale che l’esperienza. Valori che nell’estate del ‘94 lo spinsero a tentare il salto, con l’acquisizione dell’Ac Laives Calcio. Un percorso lungo ben dieci calende agonistiche, il cui vertice più alto sfociò nel maggio del ‘98. Quando i biancoazzurri fecero il salto nel campionato di Promozione e parteciparono alla finale di Coppa Italia. Poi persa contro il Dimaro”.
Luciano Palmarsan, nei primi mesi del 2003, cedette il club all’imprenditore locale Romani, titolare della Romac a San Giacomo. Chiudendo un lungo capitolo che, a tutti gli effetti, restò la sua esperienza più importante nella galassia del calcio regionale.
“La passione e la competenza che lui riuscì a riversare nel mondo dello sport – ricorda ancora Gian Luca Palmarsan – mi folgorarono fin da giovanissimo. Tanto che decisi di seguire le sue orme. Mi ritrovai a concordare un ruolo da dirigente a Collepietra, in Terza Categoria, in risposta all’invito di un loro calciatore, Edo Giuliani, un caro amico. Il presidente era Wolfgang Resch, dell’omonimo mobilificio di Prato Isarco. Allenatore e giocatore, un volto noto nell’ambiente: Francesco Tropea”.
Gian Luca Palmarsan proseguì la sua formazione, come dirigente, alla Polisportiva Pineta. Un anno – la stagione ‘95-‘96 – con i fratelli Ernesto e Renzo Gerolimon. Al quale fece seguito l’ideale abbraccio, tra padre e figlio, all’Ac Laives.
“Papà – prosegue Gian Luca – mi volle per affidarmi il ruolo di dirigente accompagnatore. Quando intuì le mie attitudini, mi promosse direttore sportivo. Ruolo al quale seguì, nel ‘99, la nomina a direttore generale. Decisione vincolata dalle sue condizioni di salute”.
Dal 2003, momento del passaggio dell’Ac Laives Calcio dalla famiglia Palmarsan all’imprenditore Romani, Gian Luca stacca doverosamente la spina. Anche per stare vicino al padre.
Il rientro nell’ambiente avviene nel 2008. In realtà è un digressione, nel mondo del futsal. Al Gs Barcellona. Ma il calcio di sala il giovane Palmarsan lo assapora quel tanto che basta per capire che non può assolutamente fare per lui.
“La delusione procurata da quell’esperienza – ammette – mi fece rifare un nuovo passo indietro. Fino al 2012. Quando decisi, di punto in bianco, di andare a parlare con Franco Murano, presidente dell’Fc Bolzano 96. Club sorto dalle ceneri del glorioso Ac Bolzano, caduto in disgrazia e cancellato dall’albo federale a causa di una serie di gestioni fallimentari”.
Gian Luca, a questo punto, ci porta a conoscenza di un preciso disegno, molto più di una semplice congettura, che all’epoca si delineò nell’ambiente del calcio bolzanino.
“Con le conoscenze di Franco Murano e la capacità di sintesi di mio padre – ricorda Gian Luca Palmarsan – ci sarebbero state le basi per puntare alla creazione di un nuovo ed ambizioso sodalizio. Un club con un consiglio direttivo strutturato da figure forti. Appoggiato da sponsor di grande richiamo ed enti pubblici. Sono certo che Bolzano avrebbe potuto mettere stabilmente piede in serie C e gettare le basi per un ipotetico salto in serie B”.
L’attuale team manager del Bozner FC si prende un paio di secondi per riordinare le idee. Dopo i quali si fa nuovamente incalzante.
“Gli anni con Murano sono stati davvero stupendi – ammette Gian Luca, senza alcuna esitazione -. Anche se i tratti dei nostri caratteri erano alquanto spigolosi, tra noi si generò un rapporto di stima e reciproco rispetto. Per questo motivo, nel 2015, l’accordo di fusione tra Fc Bolzano 96 e Virtus don Bosco e la conseguente nascita della Virtus Bolzano mi spiazzò totalmente. Anche perché fui uno degli ultimi a conoscerne i dettagli. Da quella storia ne uscii veramente distrutto. L’unico vanto, che conserverò sempre come tale, è quello di essere stato l’ultimo dirigente accompagnatore dei biancorossi…”.
A questo punto Gian Luca ci porta, con la memoria, al 30 luglio 2022.
“In un momento di impasse della mia vita – ricorda -, quel giorno ricevetti la chiamata di Daniele De Simone, ex giocatore biancorosso. All’epoca, tesserato proprio con gli Orange. Mi spiegò quanto mancasse in squadra una figura come la mia e che, se avessi voluto, avrei potuto chiacchierare con Jack Degasperi, il direttore sportivo del Bozner FC. L’incontro si rivelò esaustivo. Ho iniziato la mia terza stagione con loro”.
Palmarsan è fidelizzato di tutto punto con la società del presidente Christoph Plattner. Tanto da indossare un paio di occhiali neroarancio, davvero esclusivi.
“Il Bozner FC posso tranquillamente definirlo come la mia seconda casa. Credo se ne siano oramai resi conto un po’ tutti. In occasione dello spareggio salvezza contro il Naturno, lo scorso maggio, eravamo sotto 2-1 a 22 minuti dalla fine. Arrivò il pareggio di Gabriel Tessaro. E quando poco dopo Felix Willeit ribaltò il risultato, mi lanciai a perdifiato verso il centro del campo. Una corsa liberatoria nonostante soffrissi di una lancinante tendinite. L’arbitro mi ammonì ed io pagai quella leggerezza con qualche giorno di dolore supplementare”.
Gian Luca Palmarsan è noto nell’ambiente anche per il suo profondo legame con la Curva Nord degli Ultras del Bologna.
“L’amore per i rossoblù nasce per motivi, direi, familiari – ci rivela -. Mia madre Anna Rita era emiliana. A lei devo i miei studi classici ed il rispetto delle tradizioni e della cultura che si respirano in famiglia. Il primo match al “Dall’Ara” fu con mio padre, il 28 settembre 1980, a 13 anni: Bologna-Roma 1-1. Reti di Salvatore Garritano per noi. E di Roberto Pruzzo su rigore per i giallorossi”.
A partire da gennaio del 1984 Gian Luca ha accumulato la bellezza di 423 presenze in curva. Tra partite casalinghe e trasferte. Nel gruppo Forever Ultras 1974. È l’unico componente bolzanino ed è conosciuto proprio come “Bolzano dei Forever”.
“Nel ‘90-‘91 seguii la squadra nelle trasferte di Coppa Uefa. In Scozia, Polonia ed Austria. Ho smesso due anni fa, dopo averne trascorsi 38 anni in curva”.
Gian Luca Palmarsan, personaggio poliedrico, quasi rinascimentale.
Schietto (“pure troppo”, aggiunge lui), leale e sincero. Non teme le sane contrapposizioni (“preferisco avere torto da solo, piuttosto che ragione con tutti gli altri…) ed è sempre stato cabalistico.
“Lo scorso anno, a sei giornate dal termine, il Bozner FC navigava in bruttissime acque in classifica. Per gioco, postai sui social la foto di una bambola: Cicciobello. Accompagnata da una frase propiziatoria. Ebbene, da quel momento la squadra cambiò radicalmente rotta. Uscendo in extremis dalle pastoie della bassa classifica. Per molti la cosa sembrerà bizzarra o fuori luogo. Non per me”.
Il tempo sta per scadere. C’è tempo e modo solo per un ultimo ricordo. E Gian Luca se lo gioca così. Con un ultimo capolavoro nozionistico. Alla Massimo Inardi.
“11 febbraio 1990 – parte a raccontare -. Domenica di campionato, flagellata dal maltempo. In programma Romanese-Bolzano, per il campionato Interregionale. Parto per Romano di Lombardia con la mia utilitaria insieme a quattro amici del gruppo di tifosi ‘Bolzano Biancorossa’ (Claudio Altomare, Enrico De Paoli, Giorgio Bocedi ed il compianto Michele Nettuno). Un viaggio allucinante, a causa della neve, caduta in abbondanza per tutto il tragitto. Il Bolzano deve assolutamente vincere per salvarsi. A tre minuti dalla fine l’arbitro Mattei di Rimini ravvede un netto fallo di mano in area. Assegnando un calcio di rigore per il Bolzano. Va sul dischetto Luca Bertuolo, che lo trasforma. Il giocatore elude i compagni che vorrebbero stringersi a lui, in un sol abbraccio. E corre sotto il nostro lembo di tribuna. Indicando noi cinque e baciando il nostro striscione. Non potrò mai dimenticarmene…”.
Grazie Gian Luca. Magari ci rivedremo martedì al “Druso”.
Potremmo andare insieme, a salutare il grande Mario Mutti…